Ma che tipo di tardocapitalismo distopico è mai questo, in cui siamo obbligati ad accogliere sconosciuti che mangiano al nostro tavolo dormono nel nostro letto mettono i vestiti nel nostro armadio e controllano ogni angolo e cassetto se c’è la polvere, per mettere una recensione negativa? Ma cosa cazzo è successo? Cos’è andato storto?
Secondo me il 15 luglio è un momento in cui nessuno dovrebbe stare da nessuna parte se non in vacanza, eventualmente anche a casa ma senza fare niente, eppure io mi sono trovata ad armeggiare con la pistola dell’idropulitrice, chiesta al vicino di casa, trasportata per due piani più due, in due viaggi diversi (il tubo, la macchina), in qualche modo incantata dallo sporco incrostato di pioggia sahariana di anni che veniva via, lentamente, a piccole strisce che sembravano linee tracciate a matita. Eppure questo era solo il primo passaggio di una pulizia profonda che non facevo per me stessa, per abitare la casa, ma per altri, che sarebbero venuti a casa mia, che in mia assenza avrebbero valutato la sua pulizia, gradevolezza, e in qualche misura anche la sua semplicità di utilizzo.
Tutto è cominciato nel 2015. Questo ciclo della mia vita, l’expo di Milano, la gig economy: fattori che si intersecano con la precisione della tragedia greca e che infatti coprono quasi un decennio, che è il doppio di quanto è durato il liceo, per intenderci, la tragedia per eccellenza. Nel 2015 c’è stato l’expo, ho iniziato a lavorare senza più un CCNL – contratto collettivo nazionale del lavoro – ma con quell’orrida invenzione che è la partita iva, che dovrebbe esistere solo per i dentisti milionari e invece esiste anche per me. Con l’expo mi sono trovata a mettere la casa di Milano su Airbnb, e così all’improvviso la mia casa è diventata un non-luogo, uno di quei luoghi in cui un giorno ci dormi tu, il giorno dopo ci dorme qualcuno che non parla la tua lingua e non sa come si adoperano le tapparelle. Fatto sta che man mano la mia economia personale è diventata sempre più dipendente dalla gig economy, che è un po’ come Instagram: lo uso sperando ogni giorno che lo rendano illegale, che mi stacchino la spina, che mi tolgano il telefono. Speriamo che qui come a Barcellona queste pratiche barbare si estinguano entro il 2029. Non che sia mai stata una Airbnb professionista, visto che non avevo dove altro andare, non ero una di quei multiproprietari romani che hanno più case adibite a uso turistico vicine alla loro casa. Ero più che altro una couch surfer, una boyfriend-crasher, una trentenne che torna dai genitori, per affittare su Airbnb me ne dovevo andare fisicamente io dalla casa che abitavo. Le prime volte chiudevo a chiave gli armadi prima di andarmene, poi neanche più quello. Mi hanno rubato anche la tazza grande rubata da Starbucks nel 2008. Col tempo è diventato sempre più insostenibile e faticoso e infine ho smesso, è già da tanti anni che le mie finanze non sono dipendenti da Airbnb, e ora mi chiedo se lo sono mai state davvero o se sia stata tutta una promessa, un’illusione, uno schema piramidale. Tuttavia, un ultimo rimasuglio del mio profilo di Airbnb è rimasto: un annuncio quasi del tutto inattivo di questa casa al mare in cui da molti anni trascorro molto tempo, e in cui ora mi sono rifugiata ora che per varie vicissitudini non ho più un letto a Milano. Sono una millennial: naturalmente i miei genitori hanno lavorato duramente per comprare una casa al mare e io cerco di sfruttare il frutto del loro duro lavoro per pagare i miei debiti. L’annuncio è quasi inattivo perché non accetto quasi nessuna richiesta, ho quietato l’algoritmo, me lo tengo solo come extrema ratio. Mi dovessero sospendere una collaborazione continuativa col mio giornale del cuore – cosa che potrebbe succedere prima piuttosto che dopo – o dovesse arrivare qualche spesa inaspettata. È il pulsante d’emergenza del privilegio, ma sempre un pulsante di emergenza. Nel senso che se arriva il momento che ti trovi con un’idropulitrice in mano e una famiglia svizzera in arrivo per il weekend – e tu costretta a fare fagotto, portare il cane alla pensione, buttarti sul divano di un’amica – significa che la vita non ha decollato esattamente come speravi, ecco. Lo capisci mentre pieghi l’accappatoio in una piccola palla e svuoti un’anta dell’armadio, e cominci a chiederti quali erano le lenzuola senza segni di usura, senza macchie, e perché le lenzuola le fanno così dannatamente sottili, oggigiorno? Forse perché le hai comprate su Amazon? Finisco per mettere le lenzuola dei miei che hanno trent’anni sono un po’ stinte ma di cotone spesso, morbido, non hanno nemmeno bisogno di essere stirate – menomale, perché dopo questo deep clean che è durato 3 giorni non mi è rimasta energia, arranco da una stanza all’altra, cerco di chiudere, strofino la vasca dopo l’ultima doccia, con le gocce di sudore che cadono sul mio lavoro di Cenerentola.
In questa casa sono passati i miei moltissimi fidanzati e il mio unico marito. Tutti mi hanno dato perle di saggezza, consigli, idee estetiche e pratiche. Tutti closet organizer, a casa mia, maestri della disposizione, scandalizzati di come mio padre tiene i cacciaviti in disordine. Poi com’è come non è, puntualmente mi trovo da sola in queste situazioni assurde, tipo andare a prendere l’idropulitrice dal vicino, e la signora che fa le pulizie è in crociera e mi scrive: “ci voleva proprio!! <3” e io le dico che se l’è meritato mentre metto in lavatrice i tappetini del bagno e pulisco le piastrelle da esterno disegnate da un ligure sadico con la spazzola a mano e le cazzo di ginocchiere. Quelle che usavo al liceo per pallavolo.
Tutti mi pensano in vacanza da una vita ma non sono andata neanche un giorno in spiaggia, anche i privilegiati piangono, del resto siamo in tanti, a vedere l’offerta di alloggi ed esperienze su Airbnb. Dopo questo weekend tolgo anche l’ultimo rimasuglio di annuncio giuro, l’ultimo mio presidio, giuro. Lascio la foto, di me a trent’anni, me giramondo, me viaggiatrice, me casa-di-artista, la tengo come reliquia.
Torno alla domanda: cos’è andato storto? Potrei fare l’elenco: paese in recessione da trent’anni. Crisi delle professioni umanistiche. Pezzi di giornale pagati 70 euro lordi – ma che cosa li scriviamo a fare? Il bar del paese non tiene più i giornali, la barista lo ripete orgogliosa a chiunque lo chieda, e la barista è iscritta a un canale Telegram di contro-informazione. Populismo globale particolarmente aspro in Italia, Italia particolarmente avversa all’informazione. E i giornali che inseguono i social e i social che inseguono solo pensierini banali prodotti gratuitamente dalle neo-star della semplificazione, le slidificatrici, quelle e quelli che producono slide di informazione. Di filosofia. Di spiegazione della vita. Non voglio essere così, ma vorrei essere così. Che strazio. Se semplifichi il pensiero sui social guadagni follower e quindi guadagni opportunità. Ti chiedono di fare cose, presentare eventi, fare podcast, scrivere libri. Quasi tutto gratis, quindi torni al punto di partenza: chissà se le star di Instagram stanno su Airbnb o su Onlyfans.
Domani smetto. Appena arriva la famiglia svizzera tolgo l’annuncio. Poi la famiglia arriva: sono giovani, deliziosi, guidano da Zurigo e parcheggiano con scioltezza la macchina sulla ripida salita, in retromarcia, quel parcheggio che quando c’è gente a casa non mi fa dormire perché sicuro gliela rigano, gliela toccano, quella macchina costosa targata CH. Sono biondi, la bambina è rilassata e educata, mi lasciano la casa pulita come l’ho trovata e mettono cinque stelle. Stavolta è andata bene. Ma domani smetto. Vado sul sito e alzo ancora un po’ il prezzo sperando che non prenoti nessuno, ma non smetto, ancora stavolta non smetto.
Leggerti è sempre interessante!
Instagram come WhatsApp. La mia speranza è che diventi illegale subito! Lo stalker più pericoloso e silente😏 Airbnb non mi piace. Dopo aver letto, mi piace ancora meno 😁