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mar 10, 2023·modificato mar 10, 2023

Premetto che sono qui perché ho letto l'articolo sullo yoga su Il Foglio Review. Non vado più sui social da qualche mese, a seguito di una serie di riflessioni e letture varie (The Age of Dopamine, Digital Minimalism, Jaron Lanier, ecc.) e da quanto leggo faccio involontariamente parte di un trend. Vorrei però fare alcune osservazioni.

Il fatto che i contenuti diffusi sui Social siano di solito scadenti è indubbio, però - almeno nel mio caso - l'algoritmo trovava sempre (ogni dieci cavolate) qualcosa di abbastanza interessante da darmi quel rinforzo positivo che mi faceva ritornare, probabilmente perché buona parte degli scrittori, editori, intellettuali, artisti e scienziati continua a stare e postare sui Social come se fosse indispensabile per il loro lavoro (e almeno in parte, purtroppo, lo è). Oppure se un Social ci delude, se ne cerca subito un altro più "ingaggiante", un po' come quando le canne non ti sballano più abbastanza e passi alle droghe pesanti.

Nel mio caso ho dovuto fare un mese di rigorosa digital decluttering (il famigerato "digiuno della dopamina") per rendermi conto di quanto fossi dipendente da quella routine ossessiva fatta di Facebook-Instagram-WhatsApp-Gmail-Telegram-Siti vari di news-Scacchi online e poi da capo, più e più volte. All'inizio è stato terribile, ma poi ho iniziato finalmente a sentirmi meglio e ho realizzato quanta poca qualità estraevo da quella massa di contenuti più o meno casuali, stupidi e ridondanti. Adesso leggo molto di più, sono tornato a comprare ogni tanto quotidiani e riviste cartacee e cerco di selezionare con molta più cura i contenuti cui dedicare la mia attenzione.

Sul discorso della democratizzazione dell'informazione dovuto ai Social sono solo parzialmente d'accordo. Nel senso che quello che è emerge dai Social di solito è il pazzo di turno, è una gara a chi la spara più grossa, e le persone competenti ed educate sono sommerse dal rumore di fondo.

La soluzione proposta da movimenti come quello dell'IndieWeb è tornare a un Web 1.0 rivisto e corretto, ai tempi non molto lontai in cui ognuno era costretto a farsi un sito web personale, dei cui contenuti però era proprietario e decideva come proporli al lettore, non come ora che l'algoritmo trita tutto e lo risputa come più gli piace. Fino alla prima metà del 2000 funzionava così e funzionava abbastanza bene: c'erano i newsgroup, i forum e i blog e chi aveva cose interessanti da dire poteva trovare ascoltatori interessati. Poi i pachinko dei Social hanno assorbito tutta la nostra attenzione e sono emersi gli Influencer e l'ossessione per la viralità.

Penso che quando la maggior parte di noi avrà disertato i Social, gli intellettuali e anche gli influencer saranno costretti a trovare altre strade per farsi sentire, che siano le newsletter, i podcast, la resurrezione dei blog o cose che devono ancora essere inventate, magari social di qualità a pagamento in cui si potrà avere il pieno controllo del nostro newsfeed e dei nostri dati. E coerentemente ho appena sottoscritto un abbonamento di incoraggiamento alla sua newsletter.

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